venerdì 19 agosto 2011

MILITAR TANGO.............

«Ti porto al poligono».

Gli approcci dei caporali della caserma di Ascoli Piceno

– Corriere della Sera -


ASCOLI PICENO – Sotto la torretta della caserma Clementi il piantone intima l’alt. Non serviva: ha gli occhi azzurri, il fisico slanciato e si chiama Giulia. Accanto a lei troneggiano quattro baldi soldati in mimetica che un po’ parlano, un po’ controllano, un po’ osservano mentre Giulia, dolcemente, sorride.

Chiaro che il pensiero va lì, dopo gli audaci racconti di alcune reclute del 235° Reggimento addestramento volontari di Ascoli Piceno, la piazza d’armi dove vengono formate le soldatesse italiane, dove Salvatore Parolisi ha conosciuto Ludovica, ex allieva e amante, dove Valeria, Simona, Gaia, Giuditta e Veronica, sono uscite rumoreggiando e denunciando alcuni caporali e marescialli.

«Il capo mi avvicinava… Mi invitava… – ha poi dichiarato al tribunale militare Simona, napoletana combattiva, accusando un suo superiore -.
Mi diceva non ti preoccupare, io ti porto in un posto più sicuro, tipo qui al poligono. Diceva che non ci avrebbe visto nessuno…».

Più di lei Valeria, la siciliana: «Aveva un atteggiamento, insomma… Vediamo queste curve di livello.
Allora, come siamo messi?… Poi c’è stato il fatto della respirazione bocca a bocca, mi disse che se fosse svenuto non potevo sottrarmi». Giuditta, invece, vorrebbe forse strangolarlo, il caporalmaggiore: «Durante l’addestramento usava sistemi violenti, come quando facevamo il passo del leopardo e mi dava i colpi sul sedere». E poi c’è Rosa, altra conquista di Parolisi .
In una tormentatissima testimonianza ha un po’ per volta riconosciuto l’avventura col caporalmaggiore, «all’inizio era un gioco, si scherzava e finiva lì, poi lui mi mandò un messaggio un po’ troppo spinto su Facebook…». Racconta i primi approcci, «la festicciola in caserma, nel suo ufficio», i «piccoli favori durante il corso, è normale, se tu sei l’istruttore e hai interesse per una recluta qualche priorità gliela dai.

Tipo io andavo via prima per una cosa o per l’altra…». Fino all’albergo sulle colline ascolane, la Dimora di Morgiano, dove «sapevo che andavano tutti… una volta in una sola sera c’erano più di uno Scelto insieme. Parolisi per fare un po’ il grande mi disse che si erano incontrati due Scelti in contemporanea… nel senso della stessa sera».

E dello stesso albergo parla anche Ludovica, venuta dopo Rosa ed eletta dal caporalmaggiore ad amante seria. Così seria da indurre i magistrati ascolani (ma non quelli di Teramo) a indicare nella loro storia d’amore il movente del delitto di Melania Rea, moglie di Parolisi. «A Morgiano l’ultima volta che ci sono stata faceva ancora caldo – ricorda Ludovica -.
Era lui che prenotava.

Io non consegnavo mai il documento… Adesso che ci penso ci sono stata anche un giorno che c’era brutto tempo».

Insomma, racconti di incontri, flirt, soprusi, favori, minacce, sesso e, talvolta, sentimenti. La caserma delle soldatesse è diventata una polveriera, al centro di ben tre inchieste da parte della magistratura ordinaria e militare, oltre che dell’Esercito. I numeri sono importanti: mille nuove allieve ogni anno divise in corsi di tre mesi per una cinquantina di istruttori, tutte giovani, tutti vigorosi. «Un’esplosione di energia, bisognerà capirne di più…», allarga le braccia il pubblico ministero di Ascoli.

«Qualche storia di sesso non farà di questa caserma un casino», insorgono su Facebook le vecchie reclute.


Nella sostanza, si indaga sui rapporti fra caporali e reclute, fra uomo e donna, fra chi comanda e chi deve obbedire. E siccome alla Clementi chi comanda è uomo e chi obbedisce è donna, tutto si complica.
Anche per chi ha il dovere di controllare e di giudicare. Qual è il confine del lecito? Cosa può arrivare a dire, a chiedere, un caporale a una soldatessa? Per esempio, il pm militare di Roma Antonella Masala, non ha avuto dubbi nel portare alla sbarra il maresciallo capo A.D.: «Ha offeso l’onore e la dignità delle inferiori di grado – scrive – invitandole esplicitamente ad avere rapporti con lui, rivolgendo loro espressioni del tipo “bei balconcini”, “belle terrazze”, “curve di livello”, “che bel corpo che hai”, “che belle labbra che hai”, e dicendo che avrebbe preferito trovarle con addosso solo biancheria intima». Il magistrato è inflessibile: «A.D. minacciava un danno ingiusto, dopo il loro rifiuto all’approccio sessuale: se parli avrai dei guai.
A processo».
Così, il magistrato militare. Ma il suo collega della Procura ordinaria, Ettore Picardi, che non è tenuto al rigore del codice a stellette, ha chiesto e ottenuto l’archiviazione dello stesso indagato: «I comportamenti non rappresentano un valido tentativo di violenza sessuale». Figuriamoci gli avvocati difensori, Nicola Pisani e Daniele Romeo: «Dalle testimonianze delle ragazze è emerso che le condotte si riducevano a volte a semplici inviti a prendere un caffè».
Ma Simona la napoletana non demorde: «Sì sì, caffè, gli risposi: marescia’, lei potrebbe essere mio padre.
E io di certo non sono venuta qui a fare la stupida…
Avevo sempre visto l’Esercito sotto una luce protettiva».
La torretta è vuota, i militari scuotono la testa e il soldato Giulia, tenuta al silenzio, sospira.

Andrea Pasqualetto
19 agosto 2011 10:03

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